Sabato 21 febbraio manifestazione popolare notav a Torino

Ogni euro speso per il Tav è un euro rubato a qualcosa di utile per tutti e tutte, per questo recentemente 48 notav sono stati condannati ad oltre 140 anni di carcere e al risarcimento di 131.140 euro.

Da oltre venticinque anni ci battiamo contro un’opera inutile e dannosa, non solo per il territorio e per la vita della Valsusa, ma per i bisogni e il futuro di tutti i cittadini.

Parliamo di un progetto di cui nessuno, presidenti del consiglio, ministri della repubblica, commissari di governo, tecnici e docenti, è mai riuscito a dimostrare realmente la effettiva necessità per il nostro Paese.

Al contrario, il movimento No Tav ha dimostrato in ogni sede, non solo come si possa fare a meno di una nuova linea veloce tra Torino e Lione, ma come questo progetto sia un attentato alle finanze pubbliche e che ogni risorsa dedicata al Tav sia sottratta alle vere esigenze della società.

Mentre la crisi economica miete vittime quotidianamente e tutti i governi che si sono succeduti hanno concorso all’impoverimento generale, il “sistema tav” non è mai stato messo in discussione, anzi ha sempre avuto un assenso continuo da parte dei vari inquilini dei palazzi del potere, a prescindere, con la motivazione recitata a memoria: “ormai è stato deciso” o addirittura “lo vuole l’Europa”.

Nessuna di queste due affermazioni è vera, l’opera è giorno dopo giorno sempre più messa in discussione proprio in Europa, l’organismo che dovrebbe cofinanziare il Tav.

Il movimento No Tav ha sempre fatto la sua parte in questa vicenda, osteggiando con ogni mezzo possibile la realizzazione dell’opera, e per questo da oltre due anni frequenta quotidianamente le aule di tribunale se non le patrie galere.

Non potendoci sconfiggere con altri mezzi, da oltre due anni è la magistratura a portare avanti con più determinazione gli interessi del “sistema Tav”, ingaggiando una campagna senza precedenti contro i No Tav, che ha visto solo negli ultimi due anni oltre mille indagati, decine di arresti, capi d’imputazione fantasiosi, risarcimenti esorbitanti, accuse di terrorismo, e solo poche settimane fa a 46 No Tav sono toccati 140 anni di prigione, ben 130 anni in più degli autori della strage del Vajont. 3 ragazzi sono ancora in carcere, 4 ai domiciliari e in decine non possono frequentare la Valle di Susa a causa dei fogli di via.

Una costruzione capillare del nemico pubblico No Tav utile a difendere un progetto che vale al centimetro quanto un buon stipendio mensile: milleseicento euro.

Questo quando ogni volta che piove ci tocca contare le vittime dell’incuria del territorio, quando cade il tetto di una scuola, quando una famiglia dorme in macchina, quando si taglia sul trasporto pubblico ma aumenta il biglietto per bus e tram, quando senza soldi non ci si può curare.

E nonostante questo le priorità del governo rimangono sempre altre: come l’Expo di Milano, un vero e proprio affare per mafie e lobby, che ha trasformato Milano in un cantiere a cielo aperto, mentre viene spacciato come un’ occasione di rilancio per il nostro Paese.

Se siamo colpevoli di batterci contro quest’immondo (quanto consapevole) spreco di denaro pubblico a favore di interessi di pochi non abbiamo problemi a dirlo: siamo tutti colpevoli, dal più anziano al più giovane, ed è per questo che invitiamo tutti alla manifestazione che si terrà sabato 21 febbraio a Torino.

Vogliamo essere in tanti quel giorno perché la libertà è una cosa seria e come tale va trattata. Perché tutti insieme siamo imbattibili, perché fermarci è veramente impossibile.

Il Movimento No Tav

Come Federazione Anarchica Reggiana ci stiamo organizzando con altri compagni della regione per andare su a Torino con un paio di autobus. A breve ulteriori informazioni.

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In merito all’attacco di Parigi

La Federazione Anarchica Reggiana condanna con forza quanto successo a Parigi.
L'attacco del 7 gennaio in cui hanno perso la vita 12 persone e il successivo 
strascico di morti dei giorni successivi è l'ennesimo atto della guerra globale 
in corso da quasi quindici anni.
L'assalto omicida al settimanale Charlie Hebdo è un attacco ad una delle più 
importanti conquiste sociali degli ultimi secoli: la libertà di espressione e 
di stampa. Una libertà che è stata conquistata a caro prezzo e che nessuno si 
deve permettere di mettere in discussione, qualunque siano i suoi obbiettivi.
Riteniamo altresì ipocrita e funzionale alla delirante logica dello “scontro 
di civiltà” il fatto che capi di stato e di governi che strutturalmente 
opprimono l'altrui libertà si straccino le vesti per quanto è successo, così 
come è successo domenica 11 a Parigi. Tanto più se pensiamo che in un paese 
come l'Italia la pubblicazione di un giornale come Charlie Hebdo non sarebbe 
possibile date le assurde leggi restrittive della libertà di espressione e la 
morsa clericale presenti in questo paese.
Le libertà si difendono ampliandole e superando le logiche nazionaliste, 
identitarie, guerrafondaie e di sfruttamento che sono alla base di ciò che è 
avvenuto a Parigi così come delle guerre che sconvolgono tutto il mondo.
Solo l'unità di tutti gli sfruttati e il superamento delle barriere nazionali 
ed etnico-religiose potrà portare a questo.
Vogliamo, infine, ricordare Cabu, Tignous e Wolinski, da sempre vicini al 
movimento libertario ed alla Federation Anarchiste.
Anche a loro ricordo continueremo a combattere l'oppressione, l'autoritarismo 
e l'intolleranza, sia che si nascondano dietro la religione, sia dietro a 
concetti quali nazione o sicurezza.

Federazione Anarchica Reggiana
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20 dicembre – Natale dell’utopista

NataleUtopista

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Kobane ovunque – audio dell’incontro

Di seguito l’audio dell’incontro con Giacomo Sini e Dario Antonelli, compagni livornesi, sulla situazione Turco-Siriana.

 

 

 

 

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SE QUESTA È LA GIUSTIZIA…

Volantino distribuito il 22 novembre 2014 a Reggio Emilia in occasione della giornata di mobilitazione in solidarietà con Claudio, Chiara, Mattia e Nicolò, accusati di terrorismo dalla procura di Torino per un sabotaggio in Val Susa

SE QUESTA È LA GIUSTIZIA…

Terrorismo per l’incendio di un compressore, prescrizione per migliaia di morti di amianto

Negli stessi giorni in cui la Corte di Cassazione emette una vergognosa sentenza che assolve per prescrizione i responsabili di una strage ancora in corso e cancella i risarcimenti alle parti civili, quella delle decine di migliaia di lavoratori esposti all’amianto, si avvia al termine un altro vergognoso processo: quello contro Claudio, Chiara, Mattia e Nicolò. Accusati per l’azione di lotta al cantiere di Chiomonte della notte fra il 13 e 14 maggio 2013. Quella notte venne danneggiato un compressore, nessuno rimase ferito. La pratica del sabotaggio non violento è stata fatta propria dall’intero movimento NoTav, che l’ha discussa ed approvata in assemblee popolari con migliaia di partecipanti. Per questa azione la procura di Torino ha deciso di accusare i quattro di terrorismo e ha chiesto condanne a nove anni e mezzo di carcere.

Non possiamo non rilevare il trattamento differenziale che viene posto in atto dallo stato italiano tra chi, accusato di avere cagionato la morte di migliaia di lavoratori in nome del profitto viene assolto e chi, accusato di avere incendiato un compressore rischia dieci anni di carcere e in carcere si trova già da un anno, tra l’altro in sezione di alta sicurezza e in isolamento.

Ma noi non ce ne stupiamo: i dirigenti della multinazionale Eternit hanno agito all’interno del sistema capitalista, di una società basata sullo sfruttamento del lavoro e la distruzione ambientale mentre i NoTav hanno agito coscientemente al di fuori da questo sistema affermando la necessità, qui e ora, di una società basata su rapporti tra liberi ed eguali e una diversa gestione del territorio.

Perché è il territorio, l’ambiente su cui viviamo, uno dei fulcri di queste due vicende: un territorio distrutto da decenni di politiche industriali deliranti, inquinato, sottoposto alla cementificazione e all’urbanizzazione selvaggia. Negli ultimi mesi abbiamo ben visto quali sono i risultati del dissesto idrogeologico causato dalla logica speculativa del guadagno a tutti i costi. E il movimento NoTav, come tutti i movimenti che dal basso si oppongono a queste politiche scellerate e criminali, ha messo in crisi la devastazione ambientale bloccando una grande opera inutile e dannosa.

É per questo che Claudio, Chiara, Mattia e Nicolò rischiano di passare i prossimi anni in galera: per avere difeso la libertà di tutti a vivere in un territorio non devastato, di non essere pedine da mandare a macello in nome del profitto.

Sappiamo benissimo che dietro il TAV si muovono gli interessi della grande industria e della grande finanza italiana, legale e non. Sappiamo benissimo che dietro alla strage dell’amianto si sono mossi gli stessi interessi.

Terrorista è chi devasta, bombarda e sfrutta

Federazione Anarchica Reggiana /// 3485409847 /// federazioneanarchicareggiana.noblogs.org /// fb: Archivio Libreria della FAI Reggiana /// via don Minzoni 1/d Reggio Emilia

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Ovunque Kobane

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CONTRO LA REPRESSIONE E LA MILITARIZZAZIONE

CONTRO LA REPRESSIONE E LA MILITARIZZAZIONE

Sabato 8 novembre saremo in piazza per opporci alle misure repressive che sono state
messe in campo negli ultimi anni anche a Reggio Emilia.

In un periodo di crisi la prospettiva di ripresa delle lotte sociali spaventa la
classe dominante che opera, in modo preventivo, pesanti misure di repressione.

A questo dobbiamo aggiungere la crescente militarizzazione del territorio e l'uso indiscriminato
della forza agito sempre più di frequente nei confronti di moltissime
manifestazioni, anche blande, di dissenso.

É oramai chiaro che il governo Renzi non tollera la critica. Tutto deve essere
appiattito su un'immagine patinata della realtà dipinta dal governo, nella
quale il dissenso non è ammissibile.

Le bastonate ai lavoratori di Terni sono le stesse bastonate che sono state date
ai lavoratori della logistica, sono le stesse che sono state date ai NoTav e ai
NoMuos e a chi lotta contro gli sfratti. Sono le bastonate distribuite dalle
politiche di macelleria sociale in salsa leopoldiana, sono le bastonate dei
dominanti sui dominati.

É inutile l'indignazione di cui si riempiono la bocca certi vertici CGIL, gli
stessi che davanti alle bastonate date ad altri hanno taciuto se non
addirittura plaudito: occorre unificare le lotte, lavorare a fondo, muoversi in
prima persona, senza deleghe e delegati.

Occorre ricreare quel tessuto solidale che negli anni si é atomizzato e sfarinato,
occorre rispondere in modo concreto agli attacchi nei confronti delle conquiste
sociali che i movimenti hanno ottenuto in lotte decennali. 

Occorre ampliare queste conquiste, non limitarsi ad una loro mera difesa: solo l'ampliamento
delle conquiste e delle lotte potranno essere garanzia delle stesse.

PER QUESTO INVITIAMO TUTTI E TUTTE SABATO 8
NOVEMBRE A PARTECIPARE ALLA MANIFESTAZIONE ORGANIZZATA A REGGIO EMILIA
CONTRO LA REPRESSIONE E LA MILITARIZZAZIONE, ORE 15.00 PARTENZA GABELLA DI VIA
ROMA

Federazione Anarchica Reggiana

via don Minzoni 1/d  348 5409847
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Educazione libertaria – ciclo di incontri

IncontriPedagogiaLibertariaWeb

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30 luglio – presidio antimilitarista

Ancora una volta guerra in terra mediorientale.

Guerra nella striscia di Gaza, tra il martello dell’esercito israeliano e l’incudine dell’islamismo sunnita funzionale agli interessi di certi paesi del Golfo.

Guerra in Siria e in Iraq, tra i due fuochi del nazional-socialismo baathista e dell’islamismo dell’ISIS.

Repressioni sanguinose in Egitto, volte contro i lavoratori insorti dei grandi centri industriali, tra il fuoco incrociato dei Fratelli Musulmani e dell’esercito.

Repressioni in Turchia da parte del “moderno e moderato” governo di Erdogan impegnato a costruire il boom economico sulla pelle dei lavoratori.

Centinaia di migliaia di sfollati, destinati a finire nei campi profughi a elemosinare aiuti per la sopravvivenza o sulle bagnarole che tentano la disperata traversata del Mediterraneo.

È il prodotto della ristrutturazione del potere regionale, processo avviatosi un decennio fa con le politiche imperialiste americane e rinvigorito dalla crisi alimentare del 2008 che diede inizio alle “primavere arabe”. È il prodotto di decenni di governi nazionalisti con le loro politiche di potenza e del ruolo delle religioni (che sia lo sciismo iraniano o l’islamismo sunnita nelle sue varie correnti o l’ebraismo ortodosso) che si impongono sulla scena, funzionali alle frazioni di classe dominante a cui fanno riferimento.

Negli ultimi mesi fatti eclatanti sono finiti sotto il riflettori dello spettacolo occidentale: l’avanzata dell’ISIS in Iraq e l’odierna crisi israelo-palestinese. Ma tra una scena teatrale e l’altra vi è stato uno stillicidio quotidiano, spesso rimosso.

Perchè le politiche di potenza e le guerre vengono compiute sulla pelle degli oppressi. Perchè le dinamiche nazionaliste e religiose funzionano se riescono a cooptare il maggior numero possibile di oppressi e a scagliarli gli uni contro gli altri in funzione dell’arricchimento dei dominanti.

La questione non è appoggiare questa o quella fazione nei conflitti tra stati o tra gruppi politici che vogliono farsi stato. La questione è appoggiare le istanze che vanno a rompere i dispositivi di dominio e lo fanno in nome della solidarietà internazionalista, ponendosi senza se e senza ma dalla parte di coloro che vengono oppressi e usati come pedine negli osceni giochi di potere internazionali e infra-nazionali. E queste istanze esistono anche se ben nascoste sotto la coltre fumogena dello spettacolo vigente: i gruppi di solidarietà internazionalista come “Anarchist against the wall” che unisce israeliani e palestinesi, le lotte autonomiste e libertarie del Rojava e del Kurdistan turco, le lotte operaie e studentesche in Turchia, le lotte dei lavoratori egiziani di Alessandria e Port Said, fulcro della movimentazione della merce dal e per il Mediterraneo.

E queste lotte devono trovare il giusto appoggio sulla sponda nord del mediterraneo, il nostro, non per lavarsi la coscienza dal passato coloniale e delle cicatrici da questo lasciato ma perchè le dinamiche dello sfruttamento sono globali e un’effettiva resistenza potrà essere solo altrettanto e maggiormente globale. Le macchine belliche della regione si nutrono delle ricche commesse presso aziende europee, quelle stesse aziende che, come Finmeccanica, vengono presentate come il fiore all’occhiello della presunta ripresa italiana e ingrassano i conti in banca di manager e governi occidentali.

SABBIA, NON OLIO, NEL MOTORE DEL MILITARISMO

COSTRUIRE LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE CONTRO TUTTI I GOVERNI E TUTTI GLI SFRUTTATORI

PRESIDIO IN PIAZZA PRAMPOLINI ORE 18.30 MERCOLEDÌ 30 LUGLIO

Federazione Anarchica Reggiana – FAI

federazioneanarchicareggiana.noglogs.org /// fb: archivio libreria della Federazione Anarchica Reggiana

/// 348 540 9847

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Il sangue politico – presentazione libro

ilsanguepolitico

 

dalla prefazione del libro:

Il sangue politico. Un caso che li riassume tutti
di Erri De Luca

A proposito del sangue politico della mia generazione.
Il bisogno di memoria, disse Pushkin, non nasce dall’orgoglio ma dalla vergogna.
Dei libri che ho letto da più di quarant’anni sulla gioventù politica degli anni ’70, questo li riassume tutti. Nicoletta Orlandi Posti non è coetanea di quell’epoca. Uso questa parola secondo l’originale significato greco: epokhè è un punto fisso di una costellazione. Ci sono periodi della storia che restano bloccati, non trascorsi, irrigiditi in una fissità. Questa fu quell’ epoca. Oggi siamo nei tempi che corrono, una materia fluida.

Nicoletta Orlandi Posti non appartiene a quell’epoca, ha voluto sapere. Nessuna scuola, nessuna faticosa giornata della memoria le ha trasmesso quello che ha scritto qui. Ha voluto conoscere e darsi cittadinanza di coetanea. E’ il miglior traguardo di uno studio storico.
Qui c’è il prodotto riuscito della sua volontà di appartenenza. Riuscito su due piani: la più serrata e documentata indagine e un montaggio narrativo che trasforma perfino il verbale di un interrogatorio nel dialogo di una sceneggiatura.

Nicoletta Orlandi Posti riesce a narrare i sentimenti personali dei giovani di allora, compreso l’ amore, che per contagio dell’epoca diventarono sentimenti politici. Qui si presentano cinque vite macellate in una volta sola, in un solo finto incidente d’ auto, cinque vite che contavano in tutto centocinque anni, ventuno procapite di media. A quell’epoca era un’ età adulta. Cinque vite infilate nel tritacarne di pubbliche indagini svolte non per scoprire ma per sabotare l’ evidenza e coprire gli autori del primo terrorismo di stato del biennio 69/70.

Le pubbliche autorità vollero seppellire la verità delle complicità di settori delle istituzioni, ma la verità ha un’ energia che spinge dal basso verso l’alto e affiora. E’ come calce spenta: rianimata con acqua torna a fare buona presa.

Nicoletta Orlandi Posti ha frugato in un’ immensa quantità di carte giudiziarie, di cronache, di testimonianze: sparse che dovevano restare così, sparpagliate, parziali. Lei le ha raccolte e ricomposte in un insieme. La verità politica di quegli anni assomiglia a un gioco della Settimana Enigmistica : “Che cosa apparirà?”. In una vignetta ci sono un mucchio di puntini numerati. Unendoli con un tratto di penna emerge una figura. Sul settimanale è facile, perché i puntini sono progressivi, basta saper contare. Qui invece i puntini sono molti di più e senza l’ aiuto della sequenza giusta per collegarli. Perciò sono rimasti sparpagliati.

Nicoletta Orlandi Posti opera il rammendo. Cosa appare? La figura negata del colpo di stato, tentato e ritentato in quel biennio, rosso per noi e golpista per loro. Appare la sagoma rimossa da tutte le versioni servili e ufficiali, senza la quale si può sfumare facilmente il coinvolgimento di settori dello stato nella strategia delle stragi. Alla fine dell’opera di occultamento ci pensa la magistratura di allora a cancellare tracce: nessun colpevole negli innumerevoli processi, trascinati per decenni.

Un colpo di stato? Ecco che trasecolano gli smemorati di allora e gli increduli di sempre. Sorpresa? L’ Italia di allora se ne stava sola soletta in un Mediterraneo di fascismi: Portogallo, Spagna, Grecia, Turchia. Mancavamo solo noi. L’ Italia restava unica non allineata sul parallelo delle dittature. Era una democrazia, certo bloccata da un unico partito al governo dal dopoguerra, ma ugualmente una democrazia. Aveva il più forte partito comunista di occidente e anche la più radicata sinistra rivoluzionaria, che con la sua controinformazione rivelava le complicità di stato nell’avvio del terrorismo. L’Italia era l’anello debole del blocco della Nato. Molte spinte internazionali tramavano da fuori per un colpo di stato militare. Molti settori interni all’apparato erano pronti all’arrembaggio. Serviva un clima d’emergenza e a questo provvedevano le stragi da attribuire a degli anarchici.

Alla benemerita alleanza della Nato era riuscito nel ’67 un colpo di stato in Grecia, sostituendo una monarchia costituzionale con una dittatura militare. La benemerita alleanza incoraggiava queste soluzioni.

Nicoletta Orlandi Posti ricongiunge i punti e oplà il fantasma negato del colpo di stato emerge in carne e ossa. La strage dei cinque anarchici partiti da Reggio Calabria e uccisi sull’A1 a Ferentino, riassume nitidamente l’ epoca e le minacce.

Scrivo questa nota per gratitudine a lei che mi riporta alle ore di quei giorni decisivi. Mentre c’ero, immerso, non vedevo l’ insieme , che lei possiede e spiega. La passione politica di una gioventù nuova, che interveniva a scongiurare l’ irreparabile con le doti profetiche del coraggio personale e dell’intuizione, contribuì in maniera decisiva alla sconfitta di quel colpo di stato. Quella gioventù politica fu la variabile indipendente che scoperchiava e smentiva le versioni ufficiali. I cinque anarchici qui ricordati furono parte di un movimento nuovo che sbarrò la strada al ritorno della dittatura. Il loro sangue politico qui affiora di nuovo e continua a testimoniare.

Questo libro contiene, insieme alla verità, la volontà di giustizia, il lascito migliore di quell’epoca.

Erri De Luca

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