30 luglio – presidio antimilitarista

Ancora una volta guerra in terra mediorientale.

Guerra nella striscia di Gaza, tra il martello dell’esercito israeliano e l’incudine dell’islamismo sunnita funzionale agli interessi di certi paesi del Golfo.

Guerra in Siria e in Iraq, tra i due fuochi del nazional-socialismo baathista e dell’islamismo dell’ISIS.

Repressioni sanguinose in Egitto, volte contro i lavoratori insorti dei grandi centri industriali, tra il fuoco incrociato dei Fratelli Musulmani e dell’esercito.

Repressioni in Turchia da parte del “moderno e moderato” governo di Erdogan impegnato a costruire il boom economico sulla pelle dei lavoratori.

Centinaia di migliaia di sfollati, destinati a finire nei campi profughi a elemosinare aiuti per la sopravvivenza o sulle bagnarole che tentano la disperata traversata del Mediterraneo.

È il prodotto della ristrutturazione del potere regionale, processo avviatosi un decennio fa con le politiche imperialiste americane e rinvigorito dalla crisi alimentare del 2008 che diede inizio alle “primavere arabe”. È il prodotto di decenni di governi nazionalisti con le loro politiche di potenza e del ruolo delle religioni (che sia lo sciismo iraniano o l’islamismo sunnita nelle sue varie correnti o l’ebraismo ortodosso) che si impongono sulla scena, funzionali alle frazioni di classe dominante a cui fanno riferimento.

Negli ultimi mesi fatti eclatanti sono finiti sotto il riflettori dello spettacolo occidentale: l’avanzata dell’ISIS in Iraq e l’odierna crisi israelo-palestinese. Ma tra una scena teatrale e l’altra vi è stato uno stillicidio quotidiano, spesso rimosso.

Perchè le politiche di potenza e le guerre vengono compiute sulla pelle degli oppressi. Perchè le dinamiche nazionaliste e religiose funzionano se riescono a cooptare il maggior numero possibile di oppressi e a scagliarli gli uni contro gli altri in funzione dell’arricchimento dei dominanti.

La questione non è appoggiare questa o quella fazione nei conflitti tra stati o tra gruppi politici che vogliono farsi stato. La questione è appoggiare le istanze che vanno a rompere i dispositivi di dominio e lo fanno in nome della solidarietà internazionalista, ponendosi senza se e senza ma dalla parte di coloro che vengono oppressi e usati come pedine negli osceni giochi di potere internazionali e infra-nazionali. E queste istanze esistono anche se ben nascoste sotto la coltre fumogena dello spettacolo vigente: i gruppi di solidarietà internazionalista come “Anarchist against the wall” che unisce israeliani e palestinesi, le lotte autonomiste e libertarie del Rojava e del Kurdistan turco, le lotte operaie e studentesche in Turchia, le lotte dei lavoratori egiziani di Alessandria e Port Said, fulcro della movimentazione della merce dal e per il Mediterraneo.

E queste lotte devono trovare il giusto appoggio sulla sponda nord del mediterraneo, il nostro, non per lavarsi la coscienza dal passato coloniale e delle cicatrici da questo lasciato ma perchè le dinamiche dello sfruttamento sono globali e un’effettiva resistenza potrà essere solo altrettanto e maggiormente globale. Le macchine belliche della regione si nutrono delle ricche commesse presso aziende europee, quelle stesse aziende che, come Finmeccanica, vengono presentate come il fiore all’occhiello della presunta ripresa italiana e ingrassano i conti in banca di manager e governi occidentali.

SABBIA, NON OLIO, NEL MOTORE DEL MILITARISMO

COSTRUIRE LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE CONTRO TUTTI I GOVERNI E TUTTI GLI SFRUTTATORI

PRESIDIO IN PIAZZA PRAMPOLINI ORE 18.30 MERCOLEDÌ 30 LUGLIO

Federazione Anarchica Reggiana – FAI

federazioneanarchicareggiana.noglogs.org /// fb: archivio libreria della Federazione Anarchica Reggiana

/// 348 540 9847

Informazioni su lorcon

Mediattivista, laureato in storia contemporanea con attitudine geek, nasce nel sabaudo capoluogo (cosa che rivendica spesso e volentieri) e vive tra Torino e la bassa emiliana. Spesso si diletta con la macchina fotografica, lavora come tecnico IT, scrive sul suo blog e su Umanità Nova.
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