CORONAVIRUS ED EMERGENZA: NON CI DIMENTICHIAMO DA QUALE PARTE DELLA BARRICATA SIAMO

CORONAVIRUS ED EMERGENZA: NON CI DIMENTICHIAMO DA QUALE PARTE DELLA BARRICATA SIAMO

Comunicato diffuso dalla Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana

Di fronte a questa crisi stato e capitale stanno mostrando, con un’evidenza mai raggiunta prima, tutti i propri enormi limiti e la loro strutturale incapacità di tenere conto delle necessità e della salute delle persone.

In Italia, le scelte politiche dei governi hanno costantemente tagliato la sanità pubblica (più che pubblica, statale). Parte delle poche risorse è stata dirottata verso la sanità privata, anche durante l’emergenza attuale. La contemporanea “regionalizzazione”, secondo un modello aziendalista-capitalista, ha poi reso questo servizio, che in teoria dovrebbe essere di carattere universale, fortemente differenziato tra regione e regione, tra regioni ricche e regioni povere.

I pazienti sono diventati clienti e le cure prestazioni d’opera monetizzate in un quadro generale di competizione e profitto.

Questa impostazione del servizio sanitario svela in questo momento drammatico il suo vero volto lasciandoci tutti in balìa della sua filosofia che non è certo quella della pietà umana e del riconoscimento dell’altro come un nostro simile bensì quella del calcolo delle esigenze materiali minime per il massimo profitto che si traducono ora nella carenza di strutture attrezzate, di personale assunto, di materiale di consumo nei magazzini.

Il risultato è che i sempre più risicati fondi e il sempre più ridotto personale, già sfruttato al limite nell’ordinario, non lasciano margini per le situazioni di emergenza. Salvo poi ammettere che i posti in terapia intensiva si stanno esaurendo, il personale scarseggia, i respiratori non ci sono e sarà necessario effettuare delle scelte su chi curare. E tutto questo quando lo Stato sborsa senza batter ciglio 70 milioni di euro al giorno per spese militari. Con i 70 milioni spesi in uno solo dei 366 giorni di quest’anno bisestile si potrebbero costruire ed attrezzare sei nuovi ospedali e resterebbe qualche spicciolo per mascherine, laboratori di analisi, tamponi per fare un vero screening. Un respiratore costa 4.000 mila euro: quindi si potrebbero comprare 17.500 respiratori al giorno, molti di più di quelli che servirebbero ora.

Abbiamo assistito in queste settimane a una totale cialtroneria del ceto politico nell’affrontare l’emergenza, con esponenti di tutte le aree che hanno affermato tutto e il contrario di tutto, invocando la chiusura e l’apertura a seconda di ciò che invocava l’avversario. Abbiamo visto il governo impugnare la chiusura delle scuole marchigiane salvo poi chiudere tutto il Paese pochi giorni dopo, abbiamo visto opportunismi ributtanti e ora assistiamo alla retorica del “ce la faremo”.

Se ce la faremo, non sarà certo grazie ai governi nazionale e regionali. Non sarà certo grazie alla massiccia militarizzazione di città e confini. Non sarà certo grazie alle imprese, che tramite Confindustria hanno gettato la maschera scegliendo esplicitamente il profitto. Lo hanno dichiarato in modo chiaro e netto, senza giri di parole, senza vergogna: non chiudiamo, la produzione deve andare avanti. Questo ha portato a scioperi spontanei in molte aziende, con le centrali sindacali a inseguire le lotte dei lavoratori che non hanno voluto cedere supinamente alle pretese padronali. L’inseguimento dei sindacati di regime ha raggiunto il traguardo del ridicolo protocollo siglato il 14 marzo, contenente solo obblighi per i lavoratori e solo raccomandazioni per le imprese.

Questo disgustoso cinismo, questa fame di profitto unita al disprezzo per la salute di chi lavora, proprio perché espressi in un momento così eccezionale, non devono passare e lor signori ne devono rendere conto.

Questa crisi la sta pagando soprattutto chi lavora in sanità ed è sotto la pressione continua di turni massacranti e dei crescenti casi di contagio e di morti fra il personale stesso.

Nessun media mainstream ha ripreso la denuncia degli avvocati dell’associazione infermieri, un’istituzione che non ha nulla di sovversivo. Nella narrazione dominante infermiere ed infermieri sono descritti come eroi, purché si ammalino e muoiano in silenzio, senza raccontare quello che succede negli ospedali. Gli infermieri che raccontano la verità sono minacciati di licenziamento. A quelli che vengono contagiati non viene riconosciuto l’infortunio, perché l’azienda ospedaliera non sia obbligata a pagare indennizzi a chi si trova ogni giorno a lavorare senza protezioni o con protezioni del tutto insufficienti.

Questa crisi la sta pagando chi ha un lavoro saltuario o precario, al momento senza reddito e senza nessuna certezza di riavere il lavoro a epidemia conclusa.

La sta pagando chi si trova a casa in telelavoro a dover conciliare una presenza casalinga spesso molto complessa con bambini o persone da accudire e contemporanei obblighi produttivi.

La sta pagando chi è costretto ad andare nel proprio luogo di lavoro senza nessuna garanzia per la salute.

La sta pagando chi è povero, senza casa, chi sopravvive per strada o in un campo nomadi.

La stanno pagando i lavoratori e le lavoratrici che hanno fatto scioperi spontanei contro il rischio di contagio e sono stati a loro volta denunciati per aver violato gli editti del governo, perché manifestavano in strada per la loro salute.

La stanno pagando i reclusi nelle carceri dello Stato democratico che hanno dato vita a rivolte in 30 prigioni in difesa della propria salute. Durante le rivolte ci sono stati quattordici morti. Quattordici persone che -ci raccontano- sarebbero morte tutte per overdose da farmaci auto indotta. Quattordici persone sottomesse alla responsabilità di un sistema a cui forse non è parso vero di poter applicare con pugno di ferro altre misure di contenimento, non tanto dell’infezione ma dei carcerati stessi.

In una situazione esplosiva a causa delle condizioni già ai limiti dell’umano che da anni -in modo strutturale e non eccezionale- si vivono all’interno delle carceri il governo ha pensato bene di bloccare ogni visita senza prendere misure efficaci a tutela della salute dei carcerati.

Purtroppo sappiamo bene che una volta conclusa e superata questa fase di emergenza saranno sempre le stesse persone a rimetterci in termini di impoverimento e di ulteriore sfruttamento. Perché anche se nessuno di noi ha la sfera di cristallo, si può già prevedere che useranno la scusa della “ripresa”, del “risanamento economico”, del “superamento della crisi”, per comprimere sempre di più gli spazi di lotta nei posti di lavoro e le libertà civili e politiche. Non sarà certo una sorpresa se la retorica della “responsabilità” sarà utilizzata per affinare ulteriormente i dispositivi disciplinari e di controllo sociale, per limitare ancor di più la libertà di movimento, per limitare ancor di più la libertà di scioperare e manifestare, che ora è di fatto sospesa. Già adesso il numero dei denunciati per la violazione dei decreti supera quello dei contagiati. Su questo saremo chiamati a vigilare e agire senza tentennamenti.

Siamo solidali con tutt* coloro che in questo momento stanno rischiando la propria vita per salvarne altre, con tutto il personale in servizio negli ospedali, con chi lavora e sciopera per garantire condizioni di sicurezza per sé per gli altri, con tutt* coloro che non possono permettersi di #restareacasa perchè una casa non ce l’hanno. Siamo solidali con chi ha paura perché teme per sé e per i propri cari. Siamo solidali con tutt* coloro che si sono ammalat* e sono stat* strappat* da casa senza poter avere contatti con i propri cari a causa dell’assenza di dispositivi di protezione, siamo solidali con tutt* coloro che stanno morendo con cure palliative per l’assenza di strutture di emergenza adeguate e lo siamo anche con chi ha dovuto prendere delle decisioni in merito alle vite altrui su chi intubare e chi no nel disperato tentativo di ridurre il danno al minimo quando il danno è comunque certo.

Non ci dimenticheremo di chi è la responsabilità di quello che accade oggi: è dei governi e degli stati che hanno sacrificato la salute di noi tutti scegliendo il profitto, la guerra e il rafforzamento del loro potere.

Ma non si illudano: le lotte non andranno in quarantena.

Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana

20 marzo 2020
http://federazioneanarchica.org/…/archivio…/20200320cdc.html

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PER UN MONDO DI LIBERE ED UGUALI TUTTO PARTE DA NOI

PER UN MONDO DI LIBERE ED UGUALI TUTTO PARTE DA NOI

Sorprende il sollievo con il quale è stata accolta la vittoria di Bonaccini alle recenti elezioni regionali dell’Emilia-Romagna.Sorprende perché conosciamo le politiche che ha intrapreso ed imposto nell’ultima legislatura regionale e che ora proseguirà con la coalizione che lo sostiene. Politiche che hanno favorito reti clientelari di potere a scapito dell’interesse collettivo, aumentato ulteriormente la precarizzazione del mondo del lavoro, esternalizzando servizi e promuovendo l’uso delle false cooperative in tutto il terzo settore e nel pubblico. Sorprende perché a fronte di proclami ambientalisti e di salvaguardia si devasta ancora il territorio, si investe su grandi opere e sulla cementificazione. Si attuano politiche speculative che trovano nel profitto privato il fine principe dell’agire collettivo. 

Il Partito Democratico continua inoltre a rincorrere Confindustria e le politiche padronali, col solo orizzonte della crescita continua degli indici economici, senza curarsi dell’impatto sociale e ambientale che la produzione di questa ricchezza ha sul nostro territorio nel lungo periodo ma anche nell’oggi, senza curarsi della ridistribuzione di questa ricchezza. Agitando lo spauracchio dei barbari alle porte chi ha vinto le elezioni in Emilia-Romagna ha chiesto una delega in bianco ad elettori ed elettrici, secondo le peggiori pratiche rituali di delega. Ha ottenuto un’ulteriore accentramento di potere, di cui Bonaccini rimane il custode. Le nuove energie e le speranze sono fagocitate nella legittimazione di vecchi apparati e vecchie burocrazie.

Solidali con chi lotta contro i rigurgiti fascisti e le politiche autoritarie intraprese contro le classi sociali più deboli. Con chi lotta per contrastare le politiche securitarie e repressive sostenute dall’attuale e dai precedenti governi nei confronti dell’opposizione politica e sociale nel nostro paese. Al fianco di chi lotta per chiudere i CPR, i centri per il rimpatrio che continuano a moltiplicarsi sul territorio italiano, e per cancellare i decreti sicurezza che colpiscono migranti e lavoratori, manifestanti che contrastano un ordine politico e sociale violento ed ingiusto. Per smontare pezzo dopo pezzo l’apparato disciplinare costruito sulla pelle delle migranti e dei migranti.

Contro chi crede esistano vite non degne di essere vissute. 

Un mondo senza padroni, senza eserciti, senza governi, senza frontiere è possibile.Un mondo antifascista, che viva pienamente l’internazionalismo e la solidarietà.

Dipende da noi renderlo vero, dipende da noi aprire spazi di libertà.Non aspettiamoci nulla dai governi, solo l’azione diretta, fuori da qualsiasi percorso elettorale, può cambiare in modo radicale la società e proporre un vero socialismo libertario e umanitario.

Federazione Anarchica Reggiana – FAI

Via Don Minzoni 1/d Reggio Emilia

FB: Archivio Libreria della FAI Reggiana

fa_re@inventati.org

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GLI DEI SE NE VANNO GLI ARRABBIATI RESTANO

GLI DEI SE NE VANNO GLI ARRABBIATI RESTANO!
Giornata che unisce i presenti con gli assenti

Domenica 2 febbraio ore 13 Circolo Berneri Via Don Minzoni 1/d

Domenica 2 febbraio ricorderemo i compagni e le compagne che ci hanno lasciato. Con loro abbiamo condiviso, a partire dagli anni ’70, a volte per periodi brevi a volte per momenti lunghi, la comune militanza politica nell’anarchismo e nella FAI Reggiana. Sono stati compagne e compagni generosi dotati di una grande umanità con i quali abbiamo fatto politica in prima persona, sempre dal basso e fuori da qualsiasi logica istituzionale. Nella loro diversità sono stati accomunati da una forte passione per l’anarchismo e per le esperienze che ha posto in essere. Anche se alcuni di loro non hanno mai aderito alla nostra federazione abbiamo sempre cooperato nella comune battaglia anarchica negli spazi sociali, nelle varie mobilitazioni libertarie, nel sindacalismo d’azione diretta, nella lotta antimilitarista e antinucleare e sopratutto per la diffusione della libertà nella nostra provincia. Vi porteremo sempre nei nostri cuori e domenica vi ricorderemo a partire dai vostri nomi:
Alberto, miliziano della Colonna Durruti;
Fortunato, punto di riferimento del dopoguerra;
Celestino, presidente del C.L.N di Gualtieri;
Gesù, carismatico leader dei provos reggiani;
Nino, sapiente e paziente libraio della gioventù anarchica;
Elena, laboriosa figlia dei fiori;
Daniela, responsabile dei Nuclei Libertari di Fabbrica;
Gigante, organizzatore di feste, manifestazioni e non solo;
Francesca, motore dei collettivi libertari studenteschi;
Maletto, la canaglia della strada alta;
Pippo, compagno di mille avventure;
Marco, il bagio rossonero dell’anarchia;
Mao, anarco-artista-elettricista e tanto altro;

PROGRAMMA DELLA GIORNATA
Ore 12 Aperitivo dell’Avvenire
ore 13 Pranzo sociale preparato dalle Cucine del Popolo
ore 15 Interverranno scrittori, poeti, artisti, musicisti e girovaghi

prime adesioni:
Arturo Bertoldi, scrittore – Stefano Virginio Enea Raspini, attore – Mario Rossi, mago Giovanni Canzoneri, poeta – Joe Scaltriti, giornalista

Saranno esposte le bandiere storiche dell’Anarchismo reggiano.
per info e prenotazione Gianandrea 347 3729676

Gruppo Anarchico Spartaco – FAI Reggiana

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I DIMENTICATI CHE NON DIMENTICHIAMO

Sabato 25 gennaio 2020 ore 17
I DIMENTICATI CHE NON DIMENTICHIAMO
LE VITTIME DELLE STRAGI DI STATO
GIUSEPPE PINELLI
con Claudia Pinelli e Franco Schirone
Circolo Berneri, Via Don Minzoni 1/d
a seguire cena sociale

Sabato 25 Gennaio 2020 Pollicino Gnus, Piccola Biblioteca Comune di Casa Bettola e Federazione Anarchica Reggiana – FAI organizzano un nuovo incontro per mantenere viva una riflessione critica che ci permetta di continuare la controinformazione iniziata ben mezzo secolo fa sulle varie stragi di Stato.
A 50 anni di distanza dalla strage di Piazza Fontana del 12 Dicembre 1969 e dall’assassinio del compagno anarchico Giuseppe Pinelli, riteniamo necessario continuare il confronto per esaminare la strategia della tensione attraverso la quale il potere si è adoperato in maniera puntuale per fermare le lotte operaie e studentesche di quel tempo.
Prenderemo in esame il processo di criminalizzazione del Movimento Anarchico con l’arresto di Pietro Valpreda e tanti altri compagni e l’assassinio di Giuseppe Pinelli.
Analizzeremo la politica delle bombe messe dai fascisti, pilotati dai servizi segreti italiani e stranieri, sostenuti dagli apparati dello Stato.

Il 12 e il 15 Dicembre sono date che hanno lasciato una ferita ancora aperta nella nostra storia e soprattutto nella storia d’Italia. Per questo vogliamo mantenere una memoria attenta, rafforzata anche dalle numerose iniziative realizzate in concomitanza con l’anniversario di Piazza Fontana, che hanno contribuito ulteriormente a svelare il disegno autoritario messo in atto dal potere.

L’iniziativa si terrà in Via Don Minzoni 1/d, Reggio Emilia, presso il Circolo Berneri a partire dalle ore 17 dove interverranno lo studioso Franco Schirone, autore di vari libri su Pinelli e sulla controinformazione di quel periodo, e Claudia Pinelli, figlia di Giuseppe Pinelli, che porterà una significativa e preziosa testimonianza.
Seguirà la proiezione di video su Giuseppe Pinelli e all’interno dello spazio sarà presente una mostra di libri, manifesti e volantini su piazza Fontana e la controinformazione.
Alle ore 20.00 cena sociale.

Pollicino Gnus
Piccola Biblioteca Comune di Casa Bettola
Federazione Anarchica Reggiana – FAI

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RICORDANDO ENRICO ZAMBONINI

DOMENICA 5 GENNAIO 2020
Piazza del Comune, Villa Minozzo (RE)
RICORDANDO ENRICO ZAMBONINI
partigiano anarchico fucilato dai fascisti il 30 gennaio 1944 al poligono di tiro di Reggio Emilia

Il 5 gennaio 2020 alle ore 11 nella piazza del comune a Villa Minozzo (RE) ricorderemo Enrico Zambonini. Nato a Secchio di Villa Minozzo il 28 aprile 1893, anarchico e tenace antifascista si avvicinò all’anarchismo nel primo dopoguerra e con l’ascesa del fascismo fu esule in Francia e in Belgio. Militante della rivoluzione spagnola e poi partigiano sulle nostre montagne, il 30 gennaio 1944 venne fucilato al Poligono del Tiro di Reggio Emilia dalle squadracce fasciste.

Federazione Anarchica Reggiana – FAI
Unione Sindacale Italiana – CIT Sez. Reggio Emilia

“…Il 29 gennaio il Tribunale lo condannò alla pena capitale, da eseguirsi il giorno seguente, nove partigiani tra cui Zambonini. Tre erano disertori della GNR. La sentenza fu eseguita a San Prospero Strinati, il quartiere di Reggio Emilia dove era il Poligono di tiro. Zambonini, dopo aver rifiutato i conforti religiosi, mostrò il pugno chiuso urlando “Viva l’anarchia!”.

Di seguito la biografia di Enrico Zambonini:
Nasce a Secchio di Villa Minozzo (Re) il 28 aprile 1893 da Ferdinando e Virginia Comastri, meccanico, muratore e minatore. Il padre, conduttore di muli, è di orientamento radicale, una posizione non certo diffusa nei piccoli borghi dell’alto Appennino reggiano, dove prevalente è il ruolo della Chiesa. Pur aiutando il padre nel lavoro Z. frequenta fino alla 3a elementare, con buoni risultati. Nel 1906, quando ha appena 13 anni, come tanti altri abitanti della montagna prende la via dell’emigrazione: si trasferisce a Genova, in casa di uno zio paterno, il quale però quattro anni dopo s’imbarca per l’America. Rimasto solo, continua a vivere e lavorare a Genova e si avvicina al movimento socialista. Chiamato alle armi nel 1913, assegnato a un reggimento di artiglieria da montagna, è inviato in Libia dove il suo reparto è impegnato nelle azioni di repressione della guerriglia indigena. Durante il servizio militare – torna dalla Libia solo agli inizi del 1919 – si avvicina alle posizioni anarchiche, senza con ciò interrompere completamente i rapporti con i socialisti: lo dimostra il fatto che alla fine del 1919, quando è già rientrato in Italia ed è attivo militante nella CdL sindacalista di Sestri Ponente, partecipa all’assemblea costitutiva della sezione socialista di Villa Minozzo e sottoscrive una lira “pro automobile rossa”, cioè per l’acquisto di un’auto che doveva facilitare lo spostamento degli oratori socialisti nella montagna reggiana. Come detto, nel corso del 1919 è a Sestri Ponente. Oltre ad essere attivo nella CdL partecipa alla costituzione del sindacato minatori aderente all’USI. Rientra però varie volte nel suo paese natale, dove non manca di svolgere propaganda libertaria. È ricordata anche la sua partecipazione come attore a un Maggio, una forma di teatro popolare caratteristica dell’Appennino. In occasione di uno dei suoi rientri, nell’estate del 1922, mentre assiste alla rappresentazione di un Maggio a Gazzano è aggredito da un gruppo di fascisti, al grido di “A morte l’anarchia”. Riesce però a tener testa agli avversari e a rientrare a Secchio senza conseguenze. Decide però di partire subito e di espatriare clandestinamente in Francia. Inizialmente si stabilisce a Marsiglia, dove trova lavoro in una azienda di prodotti chimici e dove prende parte alla vita del movimento anarchico esiliato. Alla fine del 1923 si trasferisce a Saint Raphaël, occupandosi prima come meccanico e poi come direttore di una cooperativa edile. Nel 1928 è accusato ingiustamente di aver attentato alla vita di un agente consolare fascista. Nel corso della perquisizione del suo alloggio la polizia trova solo materiale di propaganda anarchica e al processo Z. è assolto da ogni accusa. Conclusasi positivamente questa vicenda, Z. ritiene però opportuno cambiare paese e si sposta a Liegi, in Belgio, dove trova lavoro prima come meccanico e poi come muratore. Anche qui è segnalato dalla polizia come attivo anarchico, tiene conferenze e partecipa a numerose riunioni. Nel 1932 si trasferisce in Spagna, a Barcellona. Nell’autunno 1934, mentre si trova con la sua compagna in Francia, è arrestato e condannato ad un mese di reclusione per infrazione al decreto di espulsione, ricevuto tempo prima. Scontata la pena, riparte per la Spagna. Al momento della sollevazione dei generali e dell’inizio della Guerra civile Z. è a Barcellona; partecipa dunque alla primissima fase di organizzazione della presenza armata antifascista in questo paese. È tra i primi aderenti alla Sezione Italiana della Colonna “Ascaso” FAI-CNT, con la quale partecipa ai combattimenti di Huesca e Almudévar. Nell’aprile 1937, quando la Colonna si scioglie per protesta contro la militarizzazione, rientra a Barcellona, dove trova impiego come meccanico presso il sindacato dell’alimentazione della CNT. Partecipa ai tragici scontri del maggio 1937 e mentre è impegnato nella difesa della sede del Sindacato dell’alimentazione rimane ferito al volto. Rimane comunque in città ed è tra i promotori di una colonia per gli orfani di guerra, che è effettivamente aperta il 7 novembre 1938 a Pins del Valles. Agli inizi del 1939 ripara in Francia, stabilendosi a Perpignano. Fermato dalla polizia francese è internato nel campo di Argelès-sur-Mer. Nel luglio 1941 è ricoverato in ospedale per i postumi delle ferite riportate nei fatti di maggio a Barcellona. Il 6 agosto 1942 è consegnato alla polizia italiana: trasferito a Reggio Emilia, è rinchiuso in carcere e poi condannato nel settembre 1942 a cinque anni di confino nell’isola di Ventotene. Come tanti altri anarchici alla caduta del fascismo non è liberato ma inviato nel campo di concentramento di Renicci di Anghiari (Ar). Durante il trasferimento, però, si rifiuta di proseguire il viaggio ed è allora rinchiuso nelle carceri di Arezzo. Viene liberato solo il 4 dicembre 1943 e può così tornare a Secchio. In questo periodo nell’Appennino reggiano sono in formazione alcune bande partigiane. Già sono saliti i fratelli Cervi con i loro compagni, e anche il Partito comunista sta cercando di dare vita ad un movimento clandestino. Z. entra in contatto con gli antifascisti della zona, che gli prospettano la proposta di assumere il comando del gruppo partigiano che si vuole costituire a Cervarolo. Ma cerca di riprendere i contatti anche con gli anarchici che in Emilia sono attivi nella lotta partigiana, e si incontra Emilio Canzi di Piacenza, Aladino Benetti di Modena e Attilio Diolaiti di Bologna. Il 21 gennaio 1944 i fascisti accerchiano la parrocchia di Tapignola, dove è a riposo una formazione partigiana. Nasce un conflitto a fuoco e i fascisti mentre si ritirano arrestano il parroco, Don Pasquino Borghi. Il giorno dopo arrestano pure Z. e lo trasferiscono in carcere a Reggio Emilia. Il 30 gennaio, dopo un processo sommario, quale rappresaglia per le ripetute eliminazioni di esponenti fascisti da parte dei gappisti, Z., don Borghi e altri sette esponenti socialisti e comunisti sono fucilati al Tiro a segno del capoluogo. Egli rifiuta i conforti religiosi e muore gridando “Viva l’anarchia”. Nella sentenza pubblicata sul «Solco fascista» del 1° febbraio 1944 si legge che i nove sono condannati alla pena di morte per concorso in omicidio di quattro fascisti e “per aver nel territorio della provincia di Reggio nell’Emilia, con decisi atteggiamenti, con parole, con atti idonei ad eccitare gli animi, alimentato l’atmosfera dell’anarchia e della ribellione e determinato gli autori materiali degli assassini a compiere i delitti allo scopo di sopprimere nelle persone dei Caduti i difensori dell’indipendenza e dell’unità della Patria”. In più, a Z. è contestato “di aver combattuto contro le truppe fasciste, nelle orde rosse in Ispagna”. Dopo la fucilazione, è seppellito nel cimitero di Villa Ospizio, dove sono i resti dei sette fratelli Cervi. Un distaccamento partigiano della montagna prenderà il suo nome, omaggio a una persona esemplare dal punto di vista della militanza antifascista. (C. Silingardi)
Fonti
Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

Bibliografia: L. Arbizzani, Antifascisti emiliani e romagnoli in Spagna e nella Resistenza, Milano, 1980, ad nomen; I. Rossi, La ripresa del movimento anarchico italiano e la propaganda orale dal 1943 al 1950, Pistoia 1981, ad indicem; P. Bianconi, Gli anarchici italiani nella lotta contro il fascismo, Pistoia 1988; F. Montanari, L’utopia in cammino (Anarchici a Reggio Emilia 1892-1945, Reggio Emilia 1993; A. Zambonelli, Vita battaglie e morte di Enrico Zambonini (1893-1944), Reggio Emilia [s.d.].

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NATALE DELL’UTOPISTA 2019

NATALE DELL’UTOPISTA 2019
Venerdì 20 dicembre

Dalle ore 20 cena con abbuffata al  Circolo Anarchico Berneri di Via Don Minzoni!

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PIAZZA FONTANA E L’ASSASSINIO DI PINELLI 50 ANNI DOPO

Sabato 7 dicembre
ore 17 Circolo Berneri Via Don Minzoni 1/d

PIAZZA FONTANA E L’ASSASSINIO PINELLI 50 ANNI DOPO

con Paolo Finzi

ore 20 cena di sottoscrizione per A rivista anarchica

Paolo Finzi (Milano 1951) è redattore della rivista anarchica “A” fin dalla sua fondazione (1971). Sua madre Matilde Bassani, ferrarese, socialista, è stata arrestata nel 1942 per una rete clandestina di soccorso rosso nel Ferrarese e ha poi partecipato alla Resistenza a Roma in Bandiera Rossa. Militante anarchico dal 1968, Finzi ha fatto parte con Giuseppe Pinelli, suo “maestro anarchico”, del circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa”. La sera del 12 dicembre 1969, strage di piazza Fontana, è stato il più giovane tra i fermati dalla polizia. Negli anni ’80 ha accompagnato Pietro Valpreda, dopo la sua assoluzione, in un tour di conferenze. Amico storico di Fabrizio De Andrè, ha realizzato sul suo pensiero dossier, cd, dvd e recentemente il libro che non ci sono poteri buoni, che sarà presentato alle Cucine del Popolo (Massenzatico) il prossimo 7 marzo 2020. Ha scritto libri e dossier e ha fatto centinaia di conferenze su Errico Malatesta, Alfonso Failla, Emilio Canzi, lo sterminio nazista degli zingari e sull’antifascismo anarchico. Nel suo intervento, sabato prossimo, Finzi ricorderà le grandi lotte sociali del 1968/1969, la forte ripresa delle idee e dell’organizzazione anarchica e in particolare la repressione statale, che iniziò nell’aprile 1969 con i primi arresti di anarchici e raggiunse il culmine il 12 dicembre con la strage di piazza Fontana. Finzi ricorderà la sua frequentazione con il ferroviere anarchico Pinelli e sottolinerà l’attualità dell’insegnamento di quelle vicende, 50 anni dopo. Seguirà un dibattito, aperto a domande e interventi.

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EDUCAZIONE E ANARCHIA

22 NOVEMBRE – EDUCAZIONE E ANARCHIA: STORIA E ATTUALITA’ SULL’EDUCAZIONISMO LIBERTARIO
con Francesco Codello

Circolo Berneri – Via Don Minzoni 1/d – Reggio Emilia
ore 20 Cena di sottoscrizione
ore 21 Incontro con Francesco Codello

Gruppo LouiseMichel

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CONTRO TUTTE LE GUERRE – CONTRO LE SPESE MILITARI

CONTRO TUTTE LE GUERRE – CONTRO LE SPESE MILITARI

Il prossimo 4 novembre, data che ricorda la fine dell’enorme carneficina di lavoratori che fu la Prima guerra mondiale, lo stato italiano celebrerà ancora una volta la guerra, la morte e il militarismo. Più di cento anni dopo, l’Italia è ancora in guerra. I militari italiani sono impegnati su molteplici fronti in Europa, Asia e Africa: dai Balcani all’Iraq, all’Afghanistan alla Libia, e in tante altre missioni “minori” definite di pace dalla retorica statale ma che in realtà non fanno altro che applicare le politiche di potenza targate NATO e UE con
autoblindo, elicotteri e uomini armati.
La guerra e il militarismo sono ripugnanti sotto il punto di vista morale, ma ancora più ripugnanti sono i profitti ad essi collegati. Non è un segreto che le democrazie occidentali facciano affari d’oro vendendo armi a regimi dittatoriali e monarchi assoluti, senza discriminazione alcuna. Turchia e Arabia Saudita sono solo gli esempi più lampanti. Che poi le armi italiane siano usate per massacrare impunemente civili inermi
in Yemen e Kurdistan e innescare la fuga di enormi masse di profughi disperati, non interessa certo ai governi e all’industria militare. Il denaro non ha odore.
Per finanziare le missioni armate all’estero e foraggiare con ingentissimi aiuti di stato l’industria militare, i governi italiani hanno utilizzato e utilizzano una quantità enorme di fondi pubblici. Denaro delle tasse che paghiamo. Denaro che invece di essere utilizzato per sanità, istruzione e politiche sociali e ambientali, viene divorato dall’apparato industriale-militare. Il rapporto MILEX quantifica in 25 MILIARDI di euro la spesa militare complessiva italiana per il 2018, dei quali 5.7 MILIARDI in armamenti, con un aumento vertiginoso dell’88% nelle ultime tre legislature. Le spese per il personale di esercito, marina e aeronautica ammontano a 10.2 MILIARDI. Mentre da decenni i
lavoratori sono vittima di una gravissima compressione salariale, una precarizzazione selvaggia e l’allungamento sempre maggiore dell’età pensionabile, gli stipendi dei militari, già alti in modo vergognoso, godono di aumenti automatici, proibitissimi per tutto il resto dei dipendenti pubblici. Anche la pensione per loro arriva prima: 57 anni e 7 mesi con 35 di contributi, e con meccanismi di calcolo estremamente favorevoli. Altro che quota 100, i militari già hanno la quota 93! Per la sola partecipazione alla guerra in Afghanistan lo stato italiano ha speso dal 2001 al 2018 7.84 MILIARDI. Nello stesso periodo, i fondi
destinati alla cooperazione civile sono stati 279 milioni. Quasi 3 MILIARDI per la guerra in Iraq dal 2003 al 2018, a fronte di 400 milioni per la cooperazione civile.
Per questo siamo qui oggi, come tutti gli anni: per dire basta alle politiche guerrafondaie degli stati, che basano le proprie pretese egemoniche sul massacro sistematico dei civili, basta ai privilegi assurdi dei militari, basta alle spese faraoniche per acquistare macchine di morte, basta all’industria delle armi.
Vogliamo ribadire che è possibile, e fondamentale, dire ‘NO’ e ribellarsi alle politiche belliciste di tutti i governi e la necessità di manifestare contro le guerre di oggi e l’esaltazione di quelle passate, contro politiche securitarie, gerarchiche e maschiliste. Vogliamo sottolineare quanto sia importante che lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse prendano una posizione decisa contro tutte le guerre e tutti gli
eserciti, contro le spese militari per costruire una società libera, orizzontale e solidale fondata sull’uguaglianza di tutte e di tutti.

NOSTRA PATRIA E’ IL MONDO INTERO!

Unione Sindacale Italiana -CIT – Reggio Emilia
Federazione Anarchica Reggiana – FAI
Via Don Minzoni 1/d -RE

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FESTA PER UMANITA’ NOVA

FESTA PER UMANITA’ NOVA!
2-3 novembre

Sabato 2 novembre – Reggio Emilia

ore 16 – Presidio antimilitarista contro tutte le guerre
Via Farini (davanti alla biblioteca Panizzi)

ore 18 – L’amministrazione di Umanità Nova incontra lettori e
lettrici. Circolo Anarchico Berneri – Via Don Minzoni
1/d – RE

ore 20 – Cena a sostegno di Umanità Nova
ore 21 – Concerto di Rocco La Guardia

Domenica 3 novembre – Massenzatico (RE) Cucine del Popolo, Via Beethoven 78

ore 11 – Umanità Nova compie 100 anni, assemblea aperta con la redazione di UN

ore 13 – Spaghettata per il centenario di UN
ore 15 – pomeriggio di canti con il Coro dei Malfattori

Federazione Anarchica Reggiana – FAI

Via Don Minzoni 1/d Reggio Emilia
federazioneanarchicareggiana.noblogs.org
fa_re@inventati.org

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