DALLO STATO REGOLATORE ALLO STATO REGALATORE

DALLO STATO REGOLATORE ALLO STATO REGALATORE

Questa situazione che ormai si sta trascinando da due mesi porta conseguenze pesanti non solo sulle libertà personali ma, e lo sappiamo bene, anche dal punto di vista economico.
Già dopo le prime settimane la mancanza di reddito ha iniziato a farsi sentire, per chi è stato costretto ad interrompere completamente la propria attività di lavoro autonomo o dipendente, ma anche per chi ha visto il proprio reddito diminuire rispetto alla norma. Intanto le promesse di sostegno in varie forme da parte governativa sono assai deboli e tardano ad arrivare. A parte che per le imprese.
1: l’IVA regalata alle aziende
Le imprese godono infatti di enormi vantaggi, del tutto negati a lavoratori e comuni cittadini. A parte le misure a fondo perduto, le agevolazioni, la sospensione di regolamenti e procedure varie giustificate con l’emergenza, è significativa la sospensione dei versamenti IVA.
Queste sono somme di denaro che sono di competenza del pubblico erario e che l’imprenditore detiene solo in quanto sostituto d’imposta. Le aziende versano la differenza fra l’IVA incassata con le vendite e l’IVA pagata con gli acquisti.
Soldi che in questa catena vengono pagati e mai più recuperati solo dagli acquirenti finali, cioè i consumatori, che non scaricano nulla. Soldi che sono già nelle casse dell’imprenditore ma che sono destinate al pubblico erario. Ora (e chissà per quanto) non più.
Quindi, mentre gli imprenditori si accaparrano miliardi di denaro pubblico, ai lavoratori spettano misere elemosine che comunque o non arrivano o arrivano in ritardo, come la cassa integrazione che molti padroni si guardano bene dall’anticipare.
2: le ulteriori pretese dei padroni
In un’intervista a Telereggio l’industriale Stefano Landi, presidente della locale CCIAA, ha sostenuto esattamente quanto segue: “L’unica possibilità che abbiamo per cercare di salvare il maggior numero di imprese è quella di immettere della liquidità sul mercato, di dare soldi. Il problema è di avere dei soldi oggi da non restituire o da restituire in un arco di tempo molto lungo. Non c’è niente da fare, tutti i giorni, tutte le settimane, tutti i mesi queste aziende hanno dei costi fissi con un fatturato che non è diminuito, è zero.
Smontiamo con ordine queste affermazioni: “immettere liquidità sul mercato” significa che si pompano soldi sul mercato del credito. Però subito dopo Landi sostiene che quei soldi non dovrebbero essere restituiti, o restituiti in tempi lunghi. Questo non c’entra nulla col mercato. Il mercato, come sappiamo benissimo, prevede che il denaro prestato venga restituito (anche in tempi lunghi, se ci sono accordi in tal senso) e con gli interessi. Landi sta in realtà dicendo che lo stato deve regalare dei soldi alle imprese. Altri soldi alle imprese, diciamo noi. E lo stato dove prende i soldi? Dalle tasse che paghiamo tutti. Soprattutto chi non può evadere, cioè lavoratori dipendenti, piccoli autonomi, partite iva. Prendere a chi ha già poco per regalarlo alle grandi aziende è semplicemente intollerabile.
Inoltre, se alcune tipologie di imprese hanno davvero chiuso totalmente, altre non hanno mai chiuso o sono già ripartite, ben prima dell’ultimo decreto e in base a una semplice autocertificazione alla prefettura. Autocertificazioni che, a differenza di quelle dei comuni cittadini, non vengono quasi per niente controllate. Sulla Gazzetta di Reggio del 1° maggio, un funzionario sindacale dichiara che a Reggio l’80% delle aziende metalmeccaniche sta lavorando, mentre il TG Reggio afferma che durante il picco del contagio il 52% delle imprese reggiane è rimasto aperto. Il fatturato zero è un problema ben delimitato a certe categorie, che sono le uniche a poter chiedere agevolazioni, essendo chiuse per un obbligo imposto dal governo. Ma chi ha continuato a guadagnare anche durante l’emergenza non dovrebbe avere accesso a nessuna agevolazione, figuriamoci avere (altro) denaro gratis dal pubblico erario.
La posizione di Landi, naturalmente, non è isolata. Il neopresidente di confindustria Bonomi ci va ancora più pesante, scagliandosi in un’intervista al Corriere contro i contributi elargiti alle persone in difficoltà “a pioggia” dice lui. Evidentemente i soldi devono essere regalati solo alle imprese. Poi invoca la pace sociale e i sacrifici di tutti per ripartire. Quando i padroni parlano di sacrifici di tutti intendono tutti i lavoratori, non sono certo loro che fanno sacrifici. Infine per Bonomi lo stato dovrebbe fare il “regolatore”, ma si contraddice nella stessa frase, dicendo che deve stimolare gli investimenti elargendo risorse per il piano industria 4.0 poi “…si fermi lì”. Dallo stato “regolatore” allo stato “regalatore”.
E siamo sicuri che lo stato sarà ben felice di accontentare confindustria, mollando in mezzo al guado lavoratori e piccole aziende e sostenendo incondizionatamente il grande capitale. Elargendo miliardi di denaro pubblico certo, ma anche favorendo la “pace sociale” inasprendo i provvedimenti liberticidi che già sono in atto, come la sospensione del diritto di sciopero e di riunione.

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