FEMMINISMI – TRA MEMORIA E MILITANZA (1970 – 1990)

FEMMINISMO TRA MEMORIA E MILITANZA

                                   Esposizione di libri, riviste, documenti e manifesti dal 1970 al 1990

(Un movimento che trasformò milioni di coscienze di donne)

Si avvicina l’8 marzo con un importante sciopero internazionale femminista e transfemminista proclamato da una parte dei sindacati di base che hanno accolto e fatto loro l’appello di Non Una di Meno. Ma, invece di manifestare in tante sulle nostre piazze, si faranno dei piccoli presidi e degli eventi durante tutta la giornata: il covid19 non molla la presa ma neanche noi molleremo la nostra volontà di esserci, e di farci sentire ancora una volta.

 Ma quest’anno come? Aggiungeremo alle nostre azioni di lotta e ai presidi nello spazio pubblico un evento di grande rilievo culturale e politico, un’esposizione di materiali femministi presso il Circolo Anarchico Berneri di Reggio Emilia, dove abbiamo raccolto libri, riviste, materiali “antichi” e rari come possono essere ciclostilati, piccoli libretti, volantini che vanno dal 1970 al 1990 circa.

Non soltanto in quei fogli ingialliti e secchi è passata la storia fatta di lotte, di collettivi, di speranze, ma è la storia delle donne, di quelle mani che hanno confezionato, di quelle intelligenze che hanno pensato e di quei corpi che hanno lottato. E quelle carte ammucchiate sulle librerie sono un ponte tra le parole delle donne e la memoria storica, sono la testimonianza di obiettivi che in parte si sono raggiunti, pensiamo al diritto al divorzio e all’aborto e altri sono ancora da raggiungere come l’uguaglianza sessuale (il non essere più preda di nessuno) e quella economica (non essere più dipendente da alcuno).

Sono molteplici le lotte che le donne hanno iniziato e che portano avanti, prima fra tutte quello di essere considerate e quindi di fare “storia”, di essere “storia” e non l’ombra di qualcosa o di qualcuno, ma protagoniste, nel senso più profondo del termine.

In questi tumultuosi materiali si cela un tumultuoso desiderio di emergere, di lottare senza tregua, in mille rivoli e in mille situazioni. Troviamo la partecipazione attiva ai seminari, ai laboratori, che si crearono in quegli anni, ai numerosissimi convegni e assemblee. Impossibile qui citare tutto quello che è stato quel femminismo compatto che nasceva e che produceva, smuoveva le coscienze per prendere atto della subalternità. Furono anche anni in cui avvennero divisioni all’interno del movimento e molte conflittualità ma, indubbiamente, emerse un movimento di “base” che innalzò i problemi da privati a “politici”. I dibattiti sul divorzio e sull’aborto furono portati alla luce e la società civile dovette prenderne atto e divenirne parte attiva.

Si scoprirono i testi di Anna Maria Mozzoni, di Alexandra Kollontai e di Anna Kuliscioff, scoprimmo un grande oceano di pensatrici, di scrittrici, di poete e di filosofe nonché donne di scienza, di musica e di arte che non conoscevamo prima. Fiorirono case editrici come “La Tartaruga” e “Le edizioni delle Donne” e anche “Rivolta Femminista”: tutto contribuì a far emergere il sommerso.

Le donne più impegnate dovettero staccarsi dai gruppi politici maschili per poter prendere la parola, avere spazi e  la possibilità di confrontarsi tra donne su questioni propriamente femminili, a cui i maschi non erano interessati come la “medicina per le donne”, o la scoperta del pensiero femminile sia in letteratura che negli altri campi culturali.

Eva Figes col suo libro: “Il posto delle donne in una società di uomini” del 1970 denunciava tutta la difficoltà per una donna di proseguire gli studi, frequentare l’Università, trovare un lavoro e mantenerlo anche quando divenisse moglie e madre. Nel 1973 Lotta Femminista con il testo: “Il personale è politico” delineava tutto quello che sarebbe stata la grande battaglia delle donne: parlare di femminismo, di autonomia, di visibilità all’interno delle famiglie, delle case, dei luoghi di lavoro e della politica.

E le donne, come mostrato sui  libri di fotografia come quello di Paola Agosti (1976), iniziavano a sfilare nei cortei sempre in modo massiccio e in modo creativo, danzando o creando cerchi dove cantare; si riscopriva un modo diverso di stare tra donne (un modo antico e mai dimenticato): confidarsi, gioire, soffrire, esserci.

Anche l’anarchismo riscoprì le grandi figure come Emma Goldman col suo libro. “Anarchia, femminismo e altri saggi”, si riscoprì Louise Michel e si crearono gruppi come quello di Livorno, di Milano e di Firenze.

Ma la parte ancora più interessante di questo itinerario librario è indubbiamente quello dei documenti, di tutto questo materiale grigio autoprodotto e spesso stampato in tirature molte limitate, in occasione di una assemblea o di una manifestazione.

E’ del 1975 la rivista, numero unico, “Il pane e le rose” dove iniziava il distacco delle donne dai partiti della sinistra istituzionale; passiamo poi agli opuscoli autoprodotti come quelli del Gruppo Femminista per la Salute della Donna di Roma che aprì e gestì anche un consultorio autogestito molto frequentato in quegli anni. I suoi opuscoli sulle infezioni vaginali, sulla pillola e sui vari anticoncezionali sono state miniere di informazioni per noi giovani donne di allora, che nulla sapevamo e che nulla ci era dato conoscere.

Scoprimmo la realtà sommersa e più che sommersa delle lesbiche, che iniziarono a pubblicare il CLI, Coordinamento Lesbiche Italiane che aveva una notevole diffusione in tutta Italia e non solo.

Il Bollettino Donne Libertarie è del 1977, e ci furono anche materiali autoprodotti da Mestre, da S.Giorgio di Nogaro, da Firenze, da Livorno del 1981.

I materiali che provengono da Roma mostrano l’occupazione del Policlinico, avvenuta nel 1978 del Reparto di Ginecologia e Ostetricia  per focalizzare l’attenzione sui tanti obiettori esistenti (la legge era in vigore già da un anno), in pratica su 180 medici solo 20 non erano obiettori!

E poi, infine ma non per importanza…..non possiamo dimenticare uno dei primi documenti contro lo stupro cioè: “La politica dello stupro” del 1976, il testo “Le violentate” del 1977 e il primo manuale in cui si auspicava per le donne la pratica dell’autodifesa: “Giù le mani” di Vukovic-Row del 1977. Fu pubblicato (ed è in questa mostra) un album sulle violenze del 1976. Questa è una piaga molto dolorosa che non abbiamo ancora sconfitto e che richiederebbe un’analisi approfondita, e questa non è certo la sede adatta.

La violenza è ancora, purtroppo, uno spettro che accompagna le donne fin dalla nascita e che, in questi ultimi anni, ha visto aumentare i casi di femminicidio. Molti sono i fattori scatenanti, uno dei tanti la mancanza della cultura dell’accettazione, che consiste nel non sentirsi sempre detentori di verità e possessori della figura femminile etc. Un doloroso percorso di sangue e di sopraffazione sovrasta tutte le donne perché, come un tempo nelle piazze si gridava: “Per ogni donna uccisa / per ogni donna stuprata / per ogni donna offesa/ siamo tutte parte lesa”.

Una mostra imperdibile per riscoprire il valore la vivacità e l’innovazione che caratterizzarono quegli anni.

Hanno collaborato alla realizzazione Gabriella Gianfelici dell’Ass.ne Culturale “Exosphere”di Reggio Emilia e la Biblioteca Circolante Autogestita.

La mostra sarà aperta tutta dal Lunedì al Venerdì dalle 17 alle 19

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA: Reggio Emilia 8 marzo 2021

Non Una di Meno Reggio Emilia

Circolo Anarchico “C. Berneri” di  Reggio Emilia

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